Teddy Reno, tra sei mesi compirà
90 anni. Nel novembre 1945 ne aveva 17 e si chiamava Ferruccio
Ricordi e si trovava a Cesena, mentre il padre e la madre ebrea,
erano nascosti a Milano Marittima nell'Hotel Mare e Pineta dei
coniugi Sovera che tenevano nascosti anche i tre generali inglesi di
cui si parla nella storia del libro 68 DUX insieme al Comando delle
truppe tedesche.
Nel
libro 68 DUX viene riportato il racconto del noto cantante Teddy
Reno:
....”Mio
padre organizzò un piano strategico. Fece spargere la voce che
tornava a Trieste per affari e mi lasciò solo a Cesena. In realtà
non andò a Trieste, ma si nascose a Milano Marittima con mia madre.
albergo che si chiamava “Mare Pineta”. Avevamo fatto amicizia col
proprietario, il comm. Sovera, ligure, un tipo simpatico e spiritoso.
Dopo l’8 settembre Sovera era diventato una specie di “Primula
rossa” dell’Adriatico. Il suo albergo era stato requisito dai
tedeschi che ne avevano fatto un quartier generale per ufficiali di
alto grado.
Sovera
viveva con loro, li nutriva, organizzava feste. All’apparenza era
un perfetto anfitrione dei tedeschi; in realtà era in contatto con i
dirigenti della resistenza e con i vari gruppi di partigiani cui
passava informazioni di grande importanza.
Mio
padre conosceva la doppia vita del comm. Sovera e quando si trovò in
difficoltà per mia madre decise di rivolgersi a lui. «Venga da me,
le darò un appartamento all’ultimo piano dell’albergo, accanto
al mio», disse Sovera. «La presenterò ai tedeschi come mio grande
amico. Il miglior modo di sfuggire ai fascisti è quello di
nascondersi in mezzo ai tedeschi». Era un gran rischio, ma era forse
l’unico modo per salvare la pelle, e mio padre accettò e andò a
vivere all’albergo “Mare Pineta” con la mamma.
Un
giorno decisi di andare a raggiungere i miei genitori. Mentre mi
preparavo suonò l’allarme. Avrei dovuto scappare nel rifugio, come
avevo fatto decine di altre volte, ma quel giorno, non so perché,
non ne avevo voglia. «Da quando sono a Cesena» dissi a me stesso
«l’allarme è suonato spesso e gli aerei sono passati senza mai
bombardare. Succederà lo stesso anche oggi». Inforcai la bicicletta
e mi avviai verso Milano Marittima, che dista da Cesena una ventina
di chilometri. Subito dopo Macerone, cominciò un bombardamento
terrificante. Saltai in un fosso e vi restai per diverso tempo.
Sembrava che gli aerei ce l’avessero con me. Passato l’allarme
ripresi il viaggio e raggiunsi Milano Marittima. Solo più tardi
seppi di essere sfuggito alla morte per miracolo. Gli americani
avevano bombardato lo stabilimento di Cesena e la nostra casa era
stata completamente distrutta insieme al bunker dove avrei dovuto
nascondermi....”
Pesaro
li 15 febbraio 2016.
Pecos
Bill
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