lunedì 15 febbraio 2016

TEDDY RENO ED I GENERALI INGLESI

Teddy Reno, tra sei mesi compirà 90 anni. Nel novembre 1945 ne aveva 17 e si chiamava Ferruccio Ricordi e si trovava a Cesena, mentre il padre e la madre ebrea, erano nascosti a Milano Marittima nell'Hotel Mare e Pineta dei coniugi Sovera che tenevano nascosti anche i tre generali inglesi di cui si parla nella storia del libro 68 DUX insieme al Comando delle truppe tedesche.
Nel libro 68 DUX viene riportato il racconto del noto cantante Teddy Reno:
....”Mio padre organizzò un piano strategico. Fece spargere la voce che tornava a Trieste per affari e mi lasciò solo a Cesena. In realtà non andò a Trieste, ma si nascose a Milano Marittima con mia madre. albergo che si chiamava “Mare Pineta”. Avevamo fatto amicizia col proprietario, il comm. Sovera, ligure, un tipo simpatico e spiritoso. Dopo l’8 settembre Sovera era diventato una specie di “Primula rossa” dell’Adriatico. Il suo albergo era stato requisito dai tedeschi che ne avevano fatto un quartier generale per ufficiali di alto grado.
Sovera viveva con loro, li nutriva, organizzava feste. All’apparenza era un perfetto anfitrione dei tedeschi; in realtà era in contatto con i dirigenti della resistenza e con i vari gruppi di partigiani cui passava informazioni di grande importanza.
Mio padre conosceva la doppia vita del comm. Sovera e quando si trovò in difficoltà per mia madre decise di rivolgersi a lui. «Venga da me, le darò un appartamento all’ultimo piano dell’albergo, accanto al mio», disse Sovera. «La presenterò ai tedeschi come mio grande amico. Il miglior modo di sfuggire ai fascisti è quello di nascondersi in mezzo ai tedeschi». Era un gran rischio, ma era forse l’unico modo per salvare la pelle, e mio padre accettò e andò a vivere all’albergo “Mare Pineta” con la mamma.
Un giorno decisi di andare a raggiungere i miei genitori. Mentre mi preparavo suonò l’allarme. Avrei dovuto scappare nel rifugio, come avevo fatto decine di altre volte, ma quel giorno, non so perché, non ne avevo voglia. «Da quando sono a Cesena» dissi a me stesso «l’allarme è suonato spesso e gli aerei sono passati senza mai bombardare. Succederà lo stesso anche oggi». Inforcai la bicicletta e mi avviai verso Milano Marittima, che dista da Cesena una ventina di chilometri. Subito dopo Macerone, cominciò un bombardamento terrificante. Saltai in un fosso e vi restai per diverso tempo. Sembrava che gli aerei ce l’avessero con me. Passato l’allarme ripresi il viaggio e raggiunsi Milano Marittima. Solo più tardi seppi di essere sfuggito alla morte per miracolo. Gli americani avevano bombardato lo stabilimento di Cesena e la nostra casa era stata completamente distrutta insieme al bunker dove avrei dovuto nascondermi....”
Pesaro li 15 febbraio 2016.
Pecos Bill


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