Chissà perché si continua ad usare termini anglosassoni per indicare cose e concetti che hanno un preciso termine in lingua italiana comprensibile a tutti. Si parla di brand, city brand, per indicare il marchio, il marchio della città di Pesaro; sia il Brand che il Marchio derivano dalla parola “fuoco” che rendeva incandescente il marchio di ferro applicato sulle carni del bestiame per indicarne il proprietario. Marchio e brand hanno la stessa etimologia.
Tralasciando ogni
considerazione sulla necessità di dotare la città di Pesaro di un
marchio, avendo Pesaro dei “marchi” distintivi ben più esclusivi
e conosciuti in tutto il mondo come l'immagine di Rossini, la Palla
di Pomodoro – pardon “the tomato ball”-, la Rosa di Pesaro,
quello che occorre rilevare è come un marchio per essere tale e
svolgere la sua funzione deve essere nuovo, originale, deve avere i
requisiti della novità rispetto alla generalità e, se non è nuovo
non può essere registrato e, se registrato può essere annullato dal
precedente titolare che può agire anche per contraffazione. E perché
ci sia contraffazione non occorre che il marchio sia uguale, ma basta
che sia confondibile e nel nostro caso i due marchi sono
oggettivamente confondibili ed il nuovo marchio per questo può
essere oggetto di azione giudiziaria da parte di chi lo ha usato per
primo e tanto più da chi lo ha registrato. Il pericolo ed il danno
sarebbe maggiore se l'azione venisse esercitata dopo che il marchio
concorrente è stato usato e divulgato. Quindi sarebbe prudente
mettere il “cuore” in pace e rinunciare al cuore oppure ottenere
la licenza dal titolare del marchio registrato.
Per quanto riguarda poi la
originalità del marchio, credo che un concorso di idee sarebbe stato
utilissimo, un concorso fatto tra gli alunni delle scuole medie. I
bambini hanno una fantasia ed una creatività incredibile.
Pesaro li 14 dicembre 2014
Paolo Emilio Comandini
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