Questo giornale
(Il Resto del Carlino di Pesaro del 27.02.'16)
ha opportunamente dedicato due pagine per commentare l'aggettivo
'petaloso', coniato da un bambino
di terza
elementare, il quale voleva trovare un termine appropriato per
indicare un fiore con molti petali. La maestra
di
Matteo (questo il nome dello scolaretto) ha interpellato
l'Accademia della Crusca, i cui componenti sono una specie
di
Corte di Cassazione della lingua Italiana. Ebbene, alcuni
specialisti di quella Accademia hanno risposto alla maestra,
dicendo
che il termine inventato dal suo alunno è «bello e
chiaro». Però Luca Serianni, cattedratico di Storia
della lingua italiana, ha detto che l'aggettivo di cui si parla «non
diventerà di uso comune finché non sentiremo la
necessità di una parola indicante un fiore ricco di
petali». Ma si può osservare che il valore di
certe parole non dipende soltanto dalla loro frequenza, bensì
soprattutto dal contesto in cui sono adoperate: forse oggi
nessun uomo loderebbe il seno della propria donna definendolo
‘aulente’,
come invece si legge, se non m’inganno, in una pagina di
Gabriele D’Annunzio. Oltre dunque al fatto che aggettivi
terminanti
in -oso, -osa, -osi, -ose sono italianissimi (esempi:
uomo 'ambizioso', donne 'gioiose', ragazzi 'invidiosi', moglie
‘permalosa'),
anche se taluni poco usati (es.: guancia 'rugiadosa', fuoco
‘robustoso’, come dice san Francesco parlando di
una fiamma ardente), ci si deve domandare se la parola nuova, in
questo caso: ‘petaloso’, sia formata secondo le regole della
grammatica italiana. Sottoposto a tale esame, il fiore ‘petaloso’ di
quello scolaretto merita dieci e lode, sia che si cominci
a
parlare di margherite ‘petalose’ sia che si critichino i
puntigliosi (come l'autore di questa noterella) che sono
d’accordo con Claudio Marazzini, presidente della Crusca, il quale,
a proposito di questo felice ‘petaloso’ ha detto:
«Finalmente
una boccata d’aria per dimenticare i soliti anglicismi».
(Vittorio
Ciarrocchi).
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