giovedì 5 marzo 2015

LA PRIVACY



Il 'Pungiglione' di mercoledì 4 marzo dice che «ci sono addirittura due carabinieri che si occupano della violazione della privacy per targhette mancanti di nomi, infliggendo super multe. Dov'è l'errore?». L'errore principale del caso riferito dipende dalla legge che vuole fanaticamente tutelare la cosiddetta 'privacy' (che per un certo rispetto verso la lingua italiana io chiamo- ridete pure- 'riservatezza' o, meglio ancora, 'privatezza'), sempre più spesso tirata in ballo per giustificare le cose più assurde. Fra tali assurdità c'è il fatto (cito da una recente trasmissione televisiva) che un padre o una madre non possano sapere chi siano i compagni e le compagne del proprio figlio o figlia diciottenne, in quanto chi abbia compiuto diciotto anni è maggiorenne, e pertanto ha il pieno diritto, pur vivendo nella casa dei genitori, anche di ribellarsi ad essi come violatori della suddetta 'privacy', che poi nella fattispecie è soltanto la libertà di fare il proprio comodo. Ma il culto smodato della 'privacy' è un errore anche perché esso contrasta con la tendenza dominante in quasi tutto il mondo contemporaneo: cioè la crescita dei rapporti tra i popoli. Rapporti che non possono essere ostacolati da meschine leggi sulla riservatezza, che infatti è spesso scavalcata per cause di forza maggiore. Come accade negli aeroporti e in altri luoghi, nei quali uno deve togliersi anche le mutande per dimostrare di essere la persona descritta nel passaporto. Insomma chi ha la coscienza pulita non teme nulla e nulla ha da nascondere. Ricorrere ad avvocati, a giudici, a carabinieri per difendere la suddetta 'privacy' è dunque, nella grande maggioranza dei casi, comportamento di chi ha la mente distorta o di chi, volendo proteggere anche la propria ombra, è soltanto un piantagrane.
Pesaro li 5.03.15
Vittorio Ciarrocchi
(V. Il Carlino del 5.3.2015).  

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