Il
sindaco Matteo Ricci, sorprende aggiudicandosi un buon 57% dei
votanti pesaresi rinnovando il suo mandato per i prossimi cinque
anni. Con lui anche promettenti giovani candidati al consiglio
comunale si sono cimentati in un’estenuante campagna elettorale e
si sono guadagnati un posto nel prestigioso scranno della sala del
comune. Giovani che hanno scalzato via dei logori vegliardi politici
i quali, sia per le fuoriuscite eccellenti dal partito, sia per il
cambio di casacca, hanno condannato il partito alla invisibilità.
Arroccarsi di egocentrismo personale con un’identità liquida,
prima o poi porta ha una chiusura egoistica e aggressiva fonte di
scontro e di contrapposizione non solo con i propri avversari
politici ma soprattutto con quelli dello stesso partito. Una
convivenza forzata sfocia in una separazione dove i voti migrano in
altri partiti. Si deve ripartire da un’identità precisa, e, alcuni
dei giovani eletti al consiglio comunale questa identità l’hanno
costruita nel tempo e non da soli. Un’identità aperta vive nel
dialogo con altri, non contro gli altri, anzi, l’incontro con
identità diverse è un’ arricchimento per tutti. Pur appartenendo
a partiti diversi si incontrano perché concepiscono il fare politica
come strumento necessario per difendere il buono che esiste
ripartendo dal basso. Costruire una comunità all’interno
dell’agone politico che faccia cose insieme per il bene della
città. Lavorare insieme, non solo parlare. Un’ auspicio che in
alcuni dei candidati eletti è già iniziato in campagna elettorale.
Una novità nel confronto politico pesarese che a mio parere va
sostenuta e accompagnata.
Pesaro li 1 giugno 2019.
Massimo Tonucci
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