domenica 24 marzo 2019

FEMMINICIDI


FENNINICIDI

Per lunga esperienza di vita professionale posso dire che non si è mai avuto notizia di tanti deltti nell'ambito familiare ed in particolare di uccisioni di donne da parte del coniuge o per lo più del partner che in molti casi si toglie la vita dopo averla tolta alla donna. La cronaca è piena di manifestazioni collettive, ad ogni livello, di condanna dei femminicidi. A parte queste manifestazioni collettive e delle organizzazioni a tutela della donna e dei bambini minacciati dalla violenze del partner, pare carente, se non assnte la ricerca, lo studio dei motivi, delle cause che stanno a monte di questo fenomeno che pare in crescita nonostante tutto. Pare assente la preoccupazione di studiare ed analizzare la eziologia dei femminiicidi.
Dalla cronaca sembrano esserci molti casi di femminicidio determinati dalla decisione della donna di lasciare il compagno il quale non sopportando questa minaccia uccide la donna e spesso si suicida.
La intenzione di lasciare il compagno, magari con i bambini, costituisce un fatto evidentemente traumatico fortissimo che presuppone un sentimento forte anche di amore, la minaccia di abbandono perfettamente legittima nelle coppie non sposate come ce ne sono ora moltissime. Ci si accompagna senza celebrare un contratto matrimoniale si ,costruisce un rapporto di fatto diversamente da coloro che si sposano dichiarando pubblicamente, davanti a testimoni di volere osservare i diritti ed i doveri previsti dagli articoli 143 – 144-145 del c.c. tra cui quello della fedeltà, coabitazione ecc. ecc. Orbene se si tratta di una unione di fatto tra una compagna ed un compagno tutto questo non esiste. Pertanto mentre la coabitazione la decidono i due partner, la cessazione della stessa la può decidere unilateralmente la donna e la minaccia di andarsene è traumatica e l'altra parte non ha alcun mezzo per impedire l'abbandono del tetto di casa. Mentre nel caso di un matrimonio che crea specifici diritti e doveri, di grande interesse per la collettività e per lo Stato, questo non esiste per le coppie di fatto.
Nei casi di conflitti tra la coppia, nel matrimonio può intervenire il giudice ciascuna parte può ricorrere al tribunale, ad un avvocato, a conciliatori che diventano mediatori di conflitti che vengono smorzati, mediati, guidati, nel caso di coppie di fatto questo non avviene, nel caso in cui la donna decida di fare cessare la coabitazione e di andarsene. Il partner che non accetta questa decisione cosa può fare? Non può INVOCARE NESSUNA PROMESSA, NESSUN OBBLIGO giuridico. Non può invocare l'adempimento di obblighi assunti, non può ricorrere al tribunale per fare valere un diritto che non si è mai costituito. Di fronte a questa situazione è facile ricorrere alla violenza sulla controparte e poi su se stesso.
La conclusione di queste considerazioni è che è più facile che la crisi di una coppia sposata trovi uno sfogo una soluzione con i mezzi che lo Stato ha messo a disposizione che una coppia di fatto costituita per volontà di due partner ma liberamente rompersi per volontà di uno solo .
Per questo sarebbe auspicabile che qualche sociologo o ricercatore esaminasse e studiasse la eziologia dei numerosi femminicidi con e senza il suicidio dell'assassino.
Pesaro li 4 marzo 2019.

Avv. P.Emilio Comandini




Nessun commento:

Posta un commento