giovedì 22 gennaio 2015

ALLA ROMAGNA



Ancor di pallide nebbie ondeggianti
e di tal brine iridescenti
fresco dal mare azzurreggiante lunge
s'alza il mattino.

Col lieve palpito di un volo d'ala,
Ne'l'aure lucide sussurra un gaio
suon di campane : da un ciliegio in fiore
canta un fringuello!

Ed una nube l'aratòr scrutando
con alta voce i bei giovrnchi spinge:
geme nel solco la percossa zolla,
la terra s'apre.

S'apre la bruna palpitante terra,
terra di campi nere nel sole.
Di bionde albane , celeri cavalle,
terra degli avi!

Qui ne' begli occhi alle fiorenti spose:
brillan del naggio le divine aurore;
qui de i tuoi figli, dentro il cuor, la forza
del mar ruggente.

Dalle sicure rinverdite conche
col dolce suono dell'andar dei rivi,
vengono a te per le salienti balze
le cecchie cante;

le vecchie cante che,amorose, ai venti
narrano ed ai boschi le leggende pie;
narran de' i secoli i tormenti e le glorie
l'epiche gesta!

O mia diletta, generosa, terra
e tu Cesena che pensosa ed intera
al vecchio sole, in riva al Savio, il dolce
capo riposi;

e tu che al mar le brune torri estolli
sognando Isotta; ed il grande arco di Augusto
surto ad accoglier legionari ed allori
superba miri!

Visser quei tempi! Dal romano ponte
non più di Augusto l'aquila trasvola,
la fiera Rocca già rovente a Cia
più non minaccia!

Guardan gli augelli; nei profondi gorghi
freme dei fiumi,a pià dei monti l'onda,
alte de i pini le lontane chiome
trepidan brune.

Eccco Ravenna cui solente il fato
volle comune con l'eterna Roma
la eterna gloria, annuente il capo
Italia augusta.

Per la bellezza delle tue regine,
per l'aurea luce e pel divino azzurro
che scende agli occhi dei superbi templi,
per Guido e Dante

salve o Ravenna! Fulgido sul mare
balza del sole l'irrompente disco
e Lei di luce sua smagliante inonda
e Lei saluta!

O voi pensose lungo la marina
su per le floride brumose terre
ombre di salici, ombre di pini
che di odorosi

serti soavi la leggenda infiora,
voi che sapete ove sognando allori
grande agli indomiti sensi rto
crebbe Alberico

e come l'alta, l'animosa fronte
di Quei che gloria a Cotignola diede
nel torvo fiume cui l'Aterno è culla
travolse l'onda,

perchè non dir di quanto acerbo duolo
a te che il crine nel Santerno specch,
degli Alidosi l'insaziabil brama
fu seme e fronte?

O come al fin la giovinezza bella
del tuo Manfredi, o limpida Faenza,
al bieco artiglio inverecondo cess
del Valentino?

Contro il nemico divampante intorno
virtù, valor fu Caterina invano;
fulse tua gloria nel tramonto fosco:
Egli trionfava!

Breve fu sogno di superbo impero:
non tu fallisti: no: Dio non fu teco;
e l'aspettava nella grigia sera
la folle Roma!

Passa dei secoli sovra la terra
la ruota, e cigola. La Storia muove
ed ai vecchi giri i nuovi giri aggiunge:
salve o immortale!

E voi ridenti in riva al mar paesi,
rocche orgogliose, memori cittadi;
e tu Romagna, d'opere ferventi
superba madre!

A te possente dalle Balze ancora
fiero lo spirto del Ferrucci scende,
e te dal monte donde il Tebro ha l'onda
di Roma ha il Fato.

Nel cuor dei liberi tuoi figli ardenti
divampan fremiti, di incendi fiamme
talòr divampano: sulla tua terra
divampa il sole!

Ma se di rose inghirlandata e viole
sui colli lieti di festanti olivi
tacita l'ala del tramonto a sera
calando venga

ed al mite soffio dell'aulente Maggio
dolce sostando su l'amica soglia
te, dalla bruna Carpineta, stanco
io ricontempli,

se l'usignol ne la romita siepe
o la cadente , con suo volo breve,
foglia d'autunno, dentro il cor sussurra
mesto un rimpianto,

ignpta all'alma una dolcezza splende ,
Romagna mia , ed un picciol camppo io sogno
sotto i cipressi, che materno accolga
l'ultimo spirto!

Pallido il raggio di una stella trema,
lieve un sospiro tra le foglie passa,
nella infinita azzurrità del cielo
un canto muore!

Pietro Comandini
Castelli di Romagna e Montefeltro”1931)



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