O
Montefeltro, fumide le nubi
e
fosche a te dall'oriente oscuro,
in
strani avvolgimenti accavallate,
corron
veloci
Bianche
di neve le supreme cime,
vecchio
gigante, contro il cielo, in fondo
sta
S. Marino: raffiche di vento
passan
fischiando:
ma
dalle siepi, dai celati borri
per
l'aure fresche di silvestri incanti
dolce
già ondeggia ed umile il profumo
delle
viole
e
un garzoncel, sulle protese braccia
un
mazzo di ginestre alto recando,
soffuso
il volto di furbesca grazia
passa
e sorride.
Ecco
Urbino la dotta, Ella che vide
già
il fasto regàl sua corte illustre
ed
il Bramante e il giovinetto volto
di
Raffaello!
Ne
le severe nereggianti pietre,
ne
le superbe sue brunite torni
sacra
del tempo l'anima e iraconda
par
che si plachi.
Tacciono
i venti, trasparente velo
sembra
d'argento l'aere d'intorno
bianche
le nubi specchiansi dal cielo
sul
pian d'Urbania.
Oh!
Come tutto ora si schiude al raggio
del
novo sole! Pallidi vapori
già
sul Nerone solitario ondeggian
e
sfuman brevi.
Vedi
Majolo e Pennabilli
del
Mastin vecchio veneranda cuna;
vedi
i brullo Simone, Apecchio, il Sasso
e
Pietrarubbia
Pietrarubbia
crudel che di pungenti
rovi
recinta, le dirute spoglie
dei
massicci bastioni al sol protende
bieca
di strage!
Vedi
l'industre e nuda Perticara,
libera
ai venti la fumante chioma,
Macerata
gentil, l'aspra Corvaro
e
Villagrande;
e
in mezzo, dritto, ne la aperta cerchia
che
trema al bacio del ridente Maggio,
d'itali
fati vindice supreme,
San
Leo possente!
Ma
qual per l'aure melodia divina
or
dai tuoi rivi risalendo viene?
China
e degli elci l'alta fronte: guarda,
Dante
e Francesco:
Stànnosi
muti sovra l'erta ripa
e
par che il sasso tutto nel riluca
mentre
del corno la risorta voce
cupa
risuona!
Oscure
intanto, sovra il mar, sul piano,
piovviginosa,
tutte cose avvolge
la
nebbia e copre: alto il Carpegna, immane,
su
tutto impera.
Slànciansi
folli da le aeree cime,
su
i rudi fianche le sonanti strade;
cercan
d'isotta la città nel piano,
la
dove triste
de
l'antico splendor vigile scolta
gli
occhi Verrucchio A Scorticata volge.
Pronuba
sotto l'ombra del Marecchia
cerula
passa.
Tutto:
le glorie, delle pugne in rombo,
narran
con alta, con possente voce
memori
ai figli, in mezzo alle tempeste
le
antiche querce;
Ma
dunque ov'è dei Malatesta il grande,
inclito
scudo, o forte Montefeltro?
E
l'aquila dov'è di Federico
e
del tuo Guido?
Guardan
da l'alto le turrite mura.
Dormon
sotterra nell'eterna pace
dentro
le cripte i morti; al verde al vento
cantan
gli augelli.
Da
le tue rosse ti rocce,
per
le dischiuse palpianti valli,
balzan
con un novo fremito gagliardo
limpidi
i fiumi.
Roteano
in larghe degradanti spire
su
le tue vette, sopra le tue forre
da
arcani ondeggiamenti accarezzate
i
bruni falchi,
Mentre,
nel chiuso, il pungolo vibrando,
dagli
invidiati pascoli fioriti
il
fulvo pastorel l'obbediente
gregge
sospinge
E
nel composto vespero sereno
dalle
fedeli, salutanti il sole,
pievi
romite, cantan le campane
l'inno
di Dio!
(Pietro Comandini)
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