Parte II
UNA BOIATA PAZZESCA
In questa situazione fisiologica si è
inserito, a tutela della legalità la norma della legge Severino
chiamata che istituisce il nuovo reato di “traffico di influenze
illecite” che giustamente viene definito dal Professore di diritto
della Università di Sant'Anna di di Pisa Tullio Padovano una una
“boiata pazzesca” (v. il quotidiano Il Foglio).
Per capire appieno perché il
reato, sia in realtà basato sul “nulla”, occorre chiarire la
fattispecie disciplinata dall’articolo 346 bis del codice penale: è
colpevole di traffico di influenze illecite colui (spesso definito
“faccendiere”) che sfruttando la relazione con un pubblico
ufficiale si fa dare o promettere “indebitamente” denaro da un
privato per spingere il funzionario amministrativo a compiere un atto
contrario ai suoi doveri d’ufficio, in favore del privato stesso.
Un reato molto prossimo a quello previsto dall’articolo 346,
compiuto dal millantatore che però, a differenza del “faccendiere”,
è un semplice “venditore di fumo”, dal momento che non può
disporre realmente di una relazione con il pubblico ufficiale.
Dall’art. 346 bis possono dunque
emergere due ipotesi di reato, entrambe incardinate su un terreno
giuridico piuttosto farraginoso.
La
prima ipotesi è che il “faccendiere” si faccia pagare da un
privato per influire sull’attività di un pubblico ufficiale, senza
però l’intenzione di corromperlo. Una semplice attività di
mediazione, ossia di lobbying, fino a prova contraria non illegale,
in cui si tenta di convincere per esempio un parlamentare della bontà
pubblica di una determinata decisione. Quand’è che quindi questa
attività costituisce reato? Quando – recita l’art. 346 bis –
l’attività viene svolta in maniera “indebita”, e qui, spiega
Padovani, casca il primo asino: “E’ un requisito che i penalisti
chiamano di illiceità speciale: la condotta per diventare penalmente
illecita deve già esserlo di per sé, ma per poter definire un
illecito ci vuole una legge che chiarisca cos’è una mediazione,
legge da noi inesistente”. Con la conseguenza che spetta al
magistrato colmare, con ampi margini di discrezionalità, il vuoto
normativo. Non solo: il mediatore, una volta ottenuti i soldi dal
privato, potrebbe in realtà anche decidere di non influire sul
pubblico ufficiale. Si potrebbe insomma avere alla fine un soggetto
condannato per traffico di influenze illecite, ma che in verità non
ha mai cercato di condizionare l’amministratore pubblico.
Da quanto sopra esposto appare
chiaro come sia facile per un magistrato iscrivere sul registro degli
indagati chiunque si azzardi a raccomandare qualcuno per poi
verificare con un giudizio la infondatezza del reato ipotizzato.
Rimanendo
peraltro ferme le obiezioni e considerazioni fatte dal sottoscritto e
dal prof. Padovano e per portare chiarezza nei rapporti nel mondo
delle raccomandazioni nella politica onde sceverare bene i
comportamenti leciti da quelli illeciti sarebbe necessario
legalizzare e regolare il mestiere del “Lobbista” mettendo alla
luce del sole il suo lavoro di mediazione che non solo deve essere
lecito ma remunerato secondo delle tariffe come quelle di un
professionista proprio per sceverarlo da comportamenti illeciti.
D'altra parte sarebbe necessario e utile che venisse riportata la
attività
esclusiva della consulenza solo
a professionisti iscritti ad albi ed alla partita iva onde togliere
la parvenza di licetà a tutte le tangenti che si coprono formalmente
sotto la veste di di “consulenza” in nero”.
Pesaro li 10 maggio 2017.
Avv. Paolo Emilio Comandini
PESARO
Kingston/17.05.10
Traffico di influenze2 .doc
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