5 Giugno 1945. PROCESSO A PIETRO KOCH.
Il
processo ha luogo nella grande aula della Sapienza. E' stata adottata
una procedura d'urgenza. Anche Koch come i criminali fascisti che
l'anno preceduto,è processato per un solo reato, collaborazione con
il nemico che comporta la pena di morte. L'alto Commissario aggiunto
per i reati fascisti spiega ai giornalisti che estendere la
istruttoria agli altri reati ed ai complici di Koch vorrebbe dire
prolungare la istruttoria stessa per diversi mesi. Invece è stata
chiusa in due giorni. Alle 9,15 il Presidente Maroni dichiara aperta
l'udienza. Ma prima che cominci, Pietro Koch si lascia andare ad una
nota di rammarico. L'unica cosa che mi dispiace è morire a 27 anni.
Un anno fa mi allontanavo da Roma sulla macchina di Dolmann.
Quest'anno il viaggio è diverso. Il servizio d'ordine è
eccezionale. Fuori dal palazzo stazionano persino due piccoli carri
armati: due carri L assolutamente inutili per opporsi ai carri
angloamericani tanto che i soldati e la popolazione li chiamavano
“scatole di sardine”. Il pubblico è stato selezionato con cura,
vi è una gran quantità di giornalisti. In prima fila, seduti, sono
l'attrice Isa Pola il regista augusto Gemina e la moglie. Tra i
testimoni Luchino Visconti e la scrittrice Paola Masino. Nel pubblico
moltissimi abiti neri: sono i parenti di coloro che Koch ha fatto
torturare e uccidere o mandare nei campi di sterminio. …...Il
gravoso compito della difesa è stato assunto da un irriducibile e
leale antifascista l'Avvocato Federico Comandini al quale Koch aveva
dato a lungo la caccia. Comandini precisa subito la sua posizione
.”Non sono il difensore di Pietro Koch, esclama a voce alta . “Io
sono la DIFESA personalizzata, sono la tutela della Civiltà”.
“Questa toga pesa sulle mie spalle come fosse di piombo, ma essa
sotto certi riguardi rappresenta per me un privilegio. E si batte per
salvare la vita all'uomo che avrebbe voluto toglierla: è una
espressione di civiltà che forse a Pietro Koch sfugge tutto compreso
nel suo “compito” di seguire una certa etica fascista: il morire
bene. Purtroppo il ventennio non gli ha insegnato a vivere bene
….......Il cancelliere da lettura del capo di accusa: Koch è
imputato del reato di cui all'articolo 5 del Decreto legge 27 luglio
1944 n. 159, in relazione all'articolo 51 del codice militare di
Guerra, per avere in Roma, fino al 5 giugno 1944 ed in altre città
dell'Italia del Nord, posteriormente all'8 settembre 1943, commesso
crimini contro la fedeltà e la difesa militare dello Stato,
collaborando col tedesco invasore e prestando allo stesso aiuto ed
asssistenza …....... Federico Comandini tenta di tutto
generosamente, di strapparlo alla morte: c'è un Mito Koch ed una
realtà Koch, dice il difensore ed è solo la realtà Koch che deve
pesare sul piatto della vostra bilancia.” e cerca di illustrare un
lato umano di Koch che, tuttavia, nessuna delle sue vittime ha avuto
modo di conoscere. “L'assassinio, continua Federico Comandini, -è
l'arma della tirannide, la Giustizia è l'arma della Libertà. Pietro
Koch è il prodotto del clima fascista, è un fungo velenoso. Ma io
mi chiedo se sia più colpevole la mano che ha gettato il sasso che
si nasconde che non la mano che veramente lo scaglia …....Ma se
vuole distruggere il mito Koch, lo stesso Koch sembra invece tenerlo
in vita al di là di ogni realtà. ….Rimasto solo con il suo
avvocato, il condannato discute brevemente con una mano sulla spalla
di Comandini, poi firma la domanda di grazia, anche se n verità non
si aspetta proprio che venga accolta. ..Alle 13,10 Koch si avvia
verso il cellulare al carcere di Regina Coeli per la sua ultima
giornata di vita.
(La
Banda Koch. Un agente al servizio del Regime – Aldo
Lualdi—Bonpiani).
Pesaro
31 maggio 2019.
Pecos
Bill