mercoledì 31 dicembre 2014

A SCUOLA DI GENDER


Anche a Pesaro la propaganda "gender" nelle scuole, è molto vicina a realizzarsi attraverso libretti che verranno distribuiti ai ragazzi; un progetto di indottrinamento agli studenti tendente a sconvolgere la famiglia naturale in nome "Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)."  Sostengo che l'educazione sessuale non deve essere fatta nelle scuole, ma deve essere lasciata alla famiglia, visto che la materia riguarda la parte più intima di ogni persona.  La famiglia è esperta in umanità più di qualsiasi esperto, anche perché la vita non è un talk show, ma è una cosa seria. Semmai, aiutiamo la famiglia a svolgere questo compito, senza sottrarlo alla stessa, convinto che la famiglia è il luogo naturale dove l'individuo possa maturare la propria sessualità. E poi c’è da rispettare la mitica privacy, che mai è stata violata come da quando è stata regolata per legge. E poi, ancora, occorre rispettare la concezione della famiglia dello studente, in un campo in cui essa è strettamente legata alla concezione della vita, su cui la scuola non può e non deve intervenire in modo indiscriminato e, ultimamente, violento. Sono sicuro che molte associazioni educative sarebbero disposte a sostenere con convinzione una battaglia di sostegno di come educare i propri figli anche sessualmente senza bisogno di delegare ad un libretto tali insegnamenti. Un personaggio come Mario Adinolfi, il giornalista, scrittore, nonchè ex deputato del PD (sarà a Pesaro il 10 gennaio 2015), divenuto punto di riferimento nel mondo cattolico per la difesa dei valori etici dopo l'uscita del suo nuovo libro "Voglio la mamma". Si tratta di un testo piccolo sia perché corto sia perché tascabile, ma che tuttavia non è azzardato elevare ad autentico manifesto contro l’abolizione della mamma che alcuni vorrebbero. E, con la mamma, anche di tutti quegli equilibri propri di qualsivoglia società che aspiri ad un ordine, a partire da quello familiare, imprescindibile in assenza della figura femminile e materna. Che fra le altre cose, come acutamente fa notare l’Autore, rappresenta anche un formidabile rimedio contro le derive eugenetiche.
Tonucci Massimo
MA COSA E' QUESTO GENDER?
La questione del "genere" (in inglese gender) è un incrocio fra una dottrina pseudo-scientifica e un bisogno politico, che ha finito col tramutarla in ideologia.
Nella cultura mass-mediatica il termine è ormai egemonico e ha sostituito - anche negli studi internazionali e nelle analisi di sostegno al terzo mondo - il termine sesso. Il linguaggio recepisce velocemente i cambiamenti e il nostro caso non fa eccezione, tanto che questo nuovo significato di genere è passato all'interno delle nostre culture. La teoria del gender è una idea che sostiene la non-esistenza di una differenza biologica tra uomini e donne determinata da fattori scritti nel corpo, ma che gli uomini e le donne sono uguali da ogni punto di vista; c'è quella differenza morfologica, ma non conta niente. Invece la differenza maschile/ femminile è una differenza esclusivamente culturale, cioè gli uomini sono uomini perché sono educati da uomini, le donne sono donne perché sono educate da donne.
Se non ci fossero queste costruzioni culturali non ci sarebbero differenze tra donne e uomini e il genere umano sarebbe fatto di persone uguali. In tal modo la sessualità viene dissociata dalla personalità, non viene naturalmente connessa con la costruzione di una persona.
Pesaro 31.12.2014
Pecos Bill




lunedì 29 dicembre 2014

E' zi Federico










U n'è mai senza un brisul d'ambizion
che me a pens a chi dè, a che tinël
dla casina suleda, e cal riunion
di pariínt torna ló, tott j ann d'Nadêl;

e quand, dal võlti, me a s'era un burdel
e' cunteva ad chi timp e dla person
dla su cundana a morta che a scultêl
t'a t'sintiva int' e' sangv cmà un buliron.

Ancora u m' pê d'avdél: la berba bienca;
u m'pé ad sintì cla su parola frenca
int' j occ sempar un vel d'malinconia.

Anma temprêda a fugh, innamurêda
dla su tëra ch'la n'trema e dla su feda
ch'la s' taglia al veni par no fê la spia!

Pietro Comandini

LO ZIO FEDERICO. (Comandini) – Non è mai senza un poco di ambizione – che io penso a quei giorni, a quel tinello – della casetta assolata e a quelle riunioni – dei parenti intorno a lui, tutti gli anni di Natale, - e quando, alle volte, io ero un bambino, raccontava di quei tempi e della prigione, - della sua condanna a morte , che ad ascoltarlo – ti sentivi nel sangue come un rimescolio. - Ancora mi pare di vederlo. La barba bianca; mi pare di d'ascoltare quella sua parola franca – negli occhi sempre un velo d'i malinconia. -Anima temprata al fuoco, innamorato- della sua terra che non trema e della sua fede – che si taglia le vene per non fare la spia (tentò di tagliarsi le arterie ai polsi ed all'inguine in carcere con i cocci di un bicchiere rotto per la paura di fare delle rivelazioni sotto il dolore della tortura).

Ma chi era zi Federico di cui parla il nonno Pierino? Cosa poteva raccontare nelle veglie di Natale con tutti i parenti avanti al caminetto nel tinello della piccola casa di Cesena? Racconti che facevano rimescolare il sangue del nonno, autore di questa poesia, allora ancora un semplice “burdello” (ragazzino)?

Zi Federico era uno dei sei fratelli di Giacomo Comandini padre di Pierino. Nel 1853 venne da Mazzini l'ordine ai patrioti romagnoli di tenersi pronti, ma il moto iniziato il 6 febbraio a Milano, fu spietatamente represso con ventiquattro impiccati in Lombardia, tre fucilati a Ferrara ed arresti a non finire nel Lombardo-veneto, nelle Legazioni e nelle Marche. Tra questi c'era anche lo zio Federico arrestato a Faenza il 18 luglio dagli austriaci nonostante il tentativo di fuga sui tetti di una casa accanto.

Da quel momento non vide più la moglie ed il figlioletto e, trasferito a Bologna in catene, non tornò a casa se non il 23 giugno del 1865 dopo dodici anni. Accusato di “ripristino di società segreta e di promossa insurrezione” nonostante le torture, non parlò negando ogni cospirazione. Durante l'interrogatorio durato diversi giorni, nel timore di non potere resistere alle torture, tentò di uccidersi tagliandosi le vene con i vetri di un bicchiere rotto, ma un medico militare fece in tempo a salvarlo. Il 18 gennaio del 1855 fu condannato con altri 37 compagni per alto tradimento alla “pena di morte con la forca” con commutazione alla pena in sei anni di prigione “in ferri” .
Dopo essere stato rinchiuso in diverse carceri venne inviato al carcere di Paliano (Castello ancora oggi adibito a carcere modello per i pentiti) dove rimase più di dieci anni. Doveva scontare sei anni, ma a causa della partecipazione ad un ammutinamento e tentativo di fuga fu di nuovo condannato prendendosi una seconda condanna a morte, (commutata dal Papa in galera in vita con obbligo di custodia l'11 gennaio, il giorno dopo che Vittorio Emanuele aveva pronunciato il discorso del “grido di dolore”.
Dopo la guerra vittoriosa di Magenta e Solferino le Romagne si staccarono dallo Stato della Chiesa e furono riunite al Piemonte, ma i prigionieri politici dello Stato della Chiesa non furono però liberati. Nel 1964 venne concessa la possibilità di liberazione purché il prigioniero firmasse una semplice domanda di Grazia al Pontefice, ma Federico si rifiutò perché, piuttosto che firmare, preferiva morire in carcere. Solo nel 23 giugno 1865 uscì di prigione senza firmare alcuna domanda di Grazia.

Pesaro li 16 giugno 2011

Paolo Emilio Comandini



giovedì 25 dicembre 2014

AUGURI A TUTTI GLI AMICI DI PECOS BILL


In questo blog vi è un contatore che registra le visite fatte a Pecos Bill. Ad oggi sono 5195. Mi sembra impossibile. Ai miei amici ed agli amici di Pecos Bill auguro i più cordiali auguri di un sereno e felice Natale ed un migliore Anno Nuovo 2015. Se qualcuno fosse tentato di scoraggiarsi per la situazione critica in cui si trova l'Italia non lo facia perchè rispetto al Natale del 1943 (leggi la preghiera di Natale del 43 pubblicata in questo blog)  non c'è paragone. Il Signore ci ha aiutato allora e lo farà ancora:: basta pregarlo e fare ciascuno il proprio dovere.
Natale 2014
Pecos Bill

domenica 21 dicembre 2014

Bravo Benigni !

Che dieci milioni di persone siano rimasti incollati al televisore a seguire i "Dieci comandamenti" è uno di quelli eventi che vanno catalogati nella categoria  dell'imprevisto. Un incantatore come Roberto  Benigni mi ha colpito per la nettezza e correttezza con cui ha saputo presentare tale narrazione. Qualcuno ha lodato la laicità della sua posizione, ma sinceramente non capisco come si possa presentare diversamente e soprattutto in modo convincente e convinto, un argomento così impegnativo. Avessero molti dei nostri sacerdoti l'entusuasmo di parlare di Dio con tale maestria come ha fatto Benigni! Parole che vanno a provvocare quell'accumolo di pesantezza dettato dall'autoreferenzialità, dal formalismo, dallo spiritualismo e clericalismo, concentrati su una dimensione prettamente dottrinale. Benigni ha fatto riflettere, un' impresa quasi impossibile quella di leggere quel Decalogo come il più grande regalo per noi umani. Che bello se fosse davvero cosi' ... e poi mi sono detto:  ma è proprio questo il modo di leggere la Bibbia! E quel commento sul terzo comandamento  (ricordati di riposarti il settimo giorno perché anche Io mi sono riposato e riposandomi ho potuto contemplare la bellezza di quanto avevo fatto; e questo per noi diventa occasione per la gioia, la condivisione, l'amicizia, il perdono, la pace, e tutto ciò che c'è di bello, buono  giusto in un momento di pausa dalla fatica del lavoro quotidiano). Uno dei tanti passaggi citati dall'attore quello dall'amore insegnatoci da Cristo: "Gesù  ha fatto della sua vita un capolavoro d'amore, ha voluto portare l'amore alle estreme conseguenze "Ma è stato bravo a non fare sconti, a non prendere in considerazioni le possibili obiezioni, a partire da quella sull'esistenza di Dio.: " Partiamo da un presupposto che non ho nessuna intenzione di mettere in discussione", ha detto iniziando "Dio c'è". Un altro aspetto ha sottolineato l'attore è quello del concetto sconosciuto ai più che Dio mi ama. Ama ciascuno ad uno ad uno: " Io sono il Signore Dio tuo". Dio è amore saremo giudicati sull'amore! Insomma la proposta di una religiosità come l'ha fatta Benigni è davvero affascinante e non può essere solo un momento bello da dimenticare col passare dei giorni. Bravo Benigni, perchè hai proposto uno sguardo religioso sulla vita come lo sguardo più appasionante possibile. E perchè come ha detto recentemente Papa Francesco, ha dimostrato cosa succede quando si ha il coraggio di "risvegliare le parole".
Pesaro 20.12.2014.
Massimo Tonucci



CITY BRAND


Chissà perché si continua ad usare termini anglosassoni per indicare cose e concetti che hanno un preciso termine in lingua italiana comprensibile a tutti. Si parla di brand, city brand, per indicare il marchio, il marchio della città di Pesaro; sia il Brand che il Marchio derivano dalla parola “fuoco” che rendeva incandescente il marchio di ferro applicato sulle carni del bestiame per indicarne il proprietario. Marchio e brand hanno la stessa etimologia.
Tralasciando ogni considerazione sulla necessità di dotare la città di Pesaro di un marchio, avendo Pesaro dei “marchi” distintivi ben più esclusivi e conosciuti in tutto il mondo come l'immagine di Rossini, la Palla di Pomodoro – pardon “the tomato ball”-, la Rosa di Pesaro, quello che occorre rilevare è come un marchio per essere tale e svolgere la sua funzione deve essere nuovo, originale, deve avere i requisiti della novità rispetto alla generalità e, se non è nuovo non può essere registrato e, se registrato può essere annullato dal precedente titolare che può agire anche per contraffazione. E perché ci sia contraffazione non occorre che il marchio sia uguale, ma basta che sia confondibile e nel nostro caso i due marchi sono oggettivamente confondibili ed il nuovo marchio per questo può essere oggetto di azione giudiziaria da parte di chi lo ha usato per primo e tanto più da chi lo ha registrato. Il pericolo ed il danno sarebbe maggiore se l'azione venisse esercitata dopo che il marchio concorrente è stato usato e divulgato. Quindi sarebbe prudente mettere il “cuore” in pace e rinunciare al cuore oppure ottenere la licenza dal titolare del marchio registrato.
Per quanto riguarda poi la originalità del marchio, credo che un concorso di idee sarebbe stato utilissimo, un concorso fatto tra gli alunni delle scuole medie. I bambini hanno una fantasia ed una creatività incredibile.
Pesaro li 14 dicembre 2014

Paolo Emilio Comandini

venerdì 19 dicembre 2014

E’ PETROSS








Ch’ u s’el cla maciulina sotta al ros
sora la neva bienca scanadeda?
El una maciulina ad bel sangr ros
cl’a si’ cascheda a le, cl’a si’ cascheda?!

Int’l’eria grisa e cruda una fumeda
ad nebbia fulta la ven so da e’ fos
bienca la seva, i fli^, bienca la streda
e un vent che pela e giaza e’ sangr indos.

Un sint’na vosa, un’sved l’ombra d’un s-cen
ma un tich, un frol, ecco fra mez a i rem
e una palina ad pioma int’e’ rastel

la fa d’inchin, la coda un scatarel:
e tich e tich, tich,tich - In cla fuschia
e’ vent e coj che’ chent e’ ul porta via!...

Pietro Comandini


IL PETTIROSSO. Cos'è quella macchiolina sotto rossa/ sopra la neve bianca calpestata? / E' una macchiolina di un bel sangue rosso / che sia cascata lì, che sia cascata?! / nell'aria grigia e cruda una fumata/ di nebbia fitta e viene su dal fosso / bianca la selva, i filari, bianca la strada / e un vento che pela e ghiaccia il sangue addosso. / Non si sente una voce, non si vede l'ombra di un cristiano/ ma un tich, un frullo / ecco fra mezzo ai rami / e una pallina di piume nel cancello / la fa un inchino, la coda un scattarello: / e tich e tich, tich tich – in quella foschia / il vento coglie quel canto e lo porta via./

martedì 16 dicembre 2014

MUSEO NEL CONVENTO UNA OCCASIONE PERDUTA

Per adibire l'ex Convento dei frati di via San Francesco ad uffici del Tribunale - il volume interno del quale è costituito prevalentemente da ampissimi corridoi, scalinate ed un grandissimo salone - per ricavare gli spazi adatti ad uffici vennero create sovrastrutture di legno e vetro riducendo impropriamente lo spazio dei corridoi dove era possibile.
Non si vede come tale edificio possa ospitare una serie di uffici come quelli che si vogliono mettere per l'urbanistica senza rifare diverse ed improprie sovrastrutture o ristrutturare completamente l'immobile deturpandolo, ammessa e non concessa l'autorizzazione della Sovraintendenza alle belle arti.
Adibire questa struttura a uffici per burocrati è una follia, mentre al contrario l'edificio sembra fatto apposta per un museo per gli ampi spazi che offre e per la grande luminosità dei locali.
Rinunciare ad adibire a museo la struttura è ancora più grave se si considera il contesto in cui viene presa questa decisione da parte della maggioranza contro la minoranza in Consiglio Comunale.
La Biblioteca Museo Oliveriano scoppia per mancanza di spazio. Si vuole abbattere la scuola ex Bramante, edificio storico della città e caro ai pesaresi, quando l'Istituto Agrario Cecchi deve emigrare a Fano per mancanza di aule. Si vogliono
sostituire le con appartamenti e negozi quando i negozi si svuotano e chiudono in serie e gli appartamenti rimangono invenduti e non affittati. Si crede di risolvere un problema finanziario con un gioco a Monopoli che, in attesa della improbabile soluzione renderà l'edificio svuotato e decadente come la nave di Novilara.
Pesaro li 12.12.2014.

P.Emilio Comandini



domenica 14 dicembre 2014

“La piida”











Sdaza burdela, mortla te Palmina;
te corr int’l’era e porta una fasena;
to zo d’int’e’ camin, te, birichina,
la vecia teggia nira; la farena
l’é bona e bienca e u jé la matra pina..

..Ed ecco ch’us spargoja int’ la cusena
cun la fiama cl’arstora, una nuvlina
ad cl’udor che dis; magna, ench st’a n’e fema!

Oh vecia piida cun e’ squaquaron
che sguezza da l’urel di tu quadret,
t’arcordat al clazion sora e’ rivel

a l’eria averta sota e’ nost polmòn?!
Piida e Rumagna, spigul e cor scét;
fasim donca turné dl’etr...un burdel!..
Pietro Comandini
La piada
Staccia ragazza e impasta te Palmira;/tu corri nell'aia e prendi una fascina;/prendi là nel camino, tu biricchina,/la vecchia teglia nera; la farina/ è buona e bianca, e ce n'è una madia piena.../ ...ed ecco che si sparge nella cucina/ con la fiamma che ristora, una nuvolina/ di quell'odore che dice: mangia anche se non hai fame!/ Oh vecchia piada con lo squacquerone / che sborda da l'orlo del tuo quadrato,/ ti ricorda la colazione sopra quel gradino/ e l'aria aperta sopra i nostri polmoni?!/ Piada di Romagna, spigolosa dal cuore schietto;/ fammi tornare ad essere un ragazzo!

martedì 9 dicembre 2014

NOTTE SENTIMENTALE









Notte scura,
scaglie taglienti
lacerano il cielo
per poi infrangersi come i sogni miei.
Vento freddo che mi congeli
e mi porti via
im questo giorno
di tristezza e malinconia.
Da dietro alla finestra
sto ad ammirare
questo spettacolo
di morte
e di dolore
e tutte le persone
piccole laggiù
sotto quell'ombrello
si sentono protette
dalla pioggia

Ottaviano Comandini

nato a Pesaro il 5 agosto 2004

PREGHIERA DI NATALE 1943




Signore, la notte di Natale,
la santa notte della vostra nascita,
passa in questo tempo così crudele
dove la pietà sanguina di sofferenza.

Signore, la notte è molto scura,
nei cieli non si vedono stelle:
i pastori, muti, camminano nell’ombra
popolata di spie che l’ombra vela.

L’altare oscuro, la chiesa deserta
accumula la folla dei nostri morti:
dei colpi cupi danno loro l’allarme,
essi vi raccomandano la nostra sorte.

Signore, ahimè, le nostre donne piangono,
le nostre madri piangono sui loro figliuoli;
i loro figliuoli, Signore, che muoiono
per mancanza di calore e di alimenti.

Bambino Gesù, salvate i nostri fratelli,
asciugate le lacrime da quegli occhi:
che la pace abbrevi la nostra miseria
e riaccenda i nostri focolari così vuoti.

Così vuoti e così muti in quest’ora
che la vostra nascita ha consacrato;
guardate, Dio, vostra madre che piange
sopra la mangiatoia ove foste ospitato.

Non respingete la preghiera,
Signore, in questa notte di Natale;
voi che, per sollevare la nostra miseria
avete lasciato l’Eterno.

                                    *Federico Comandini-26 dic.1943
                                                                        LE TEMPS PERDU Roma, 11 gennaio 1947.

sabato 6 dicembre 2014

DEBITO PUBBLICO e CRISI ECONOMICA

L'Italia ha accumulato un debito pubblico che dicono enorme. Come si è originato e perché?
Possiamo dire che in tutti gli anni passati -tralasciamo le ragioni sociopolitiche- lo Stato ha sempre speso più di quello che poteva permettersi in relazione alla ricchezza prodotta dal paese, indebitandosi insieme alle Regioni, Provincie,Comuni e a tutti gli enti pubblici. Se fossero state aziende private, avrebbero dovuto essere dichiarati falliti da un bel pezzo.
Ma a questi soldi spesi sono corrisposti a equivalenti entrate di altri soggetti: stipendi, prebende, rendite, pensioni e onorari. Pensioni di invalidità a tutti, opere incompiute, fondi a gruppi consiliari dei partiti, insomma una spesa incontrollata ed incontrollabile.
Una massa monetaria andata nelle tasche degli italiani con accumulo di un debito coperto con titoli di credito emessi dallo Stato che produceva inflazione che costituiva un onere per gli stessi italiani che vedevano diminuire il potere di acquisto della moneta da loro percepita.
Ma tale sistema di riequilibrio ora non funziona più con la moneta unica la cui stabilità è difesa strenuamente dalla Germania.
L'Italia è rimasta incastrata. Infatti non può pagare i debiti con l'inflazione come prima e deve rimborsare il debito pubblico in altro modo; cioè in contanti? Impossibile! E' già una impresa raggiungere il pareggio di bilancio, figuriamoci pagare contanti i miliardi di debito.
Una famiglia che ha debiti che non può pagare cosa fa? Se ha un patrimonio lo vende e con il ricavato paga i debiti. I creditori possono aspettare riscuotendo gli interessi, perché sanno che il debitore ha un patrimonio a garanzia, ma quando è necessario aggrediscono il patrimonio del debitore. Nel caso della Stato le garanzie del pagamento del debito sono costituite dal suo patrimonio che può essere messo in vendita. Nel nostro caso però si apre il discorso della fattibilità pratica della cosa il che comporta un ragionamento a parte.
Ora c'è da considerare che gli italiani, che hanno avuto redditi monetari che non avrebbero avuto con uno Stato meno spendaccione, come li hanno spesi?
Per la particolare propensione per il risparmio si può dire che buona parte dell'extra reddito gli italiani li hanno risparmiati investendoli in beni durevoli e questo non è una fantasia perché la Merkel, ha stimato che le famiglie italiane hanno un patrimonio superiore di due terzi rispetto alle famiglie tedesche.
Allora lo Stato italiano ha sperperato, facendo debiti, ma le famiglie hanno aumentato il loro patrimonio che è superiore a quello di altri paesi.
Questa analisi da un lato potrebbe consolarci come paese, ma vediamo gli effetti di questa situazione oggi.
Lo Stato è indebitato; le famiglie, per la crisi che conosciamo sono indebitate; lo Stato e le famiglie hanno patrimoni. Lo Stato e le famiglie debbono vendere. Lo Stato e le famiglie non trovano compratori. Il loro patrimonio si svaluta per questo e si svaluta ancora di più quando lo Stato applica tasse esagerate sui patrimoni.
Se il patrimonio si svaluta ci rimettono anche i creditori. E allora cosa si potrebbe fare?
Ridurre l'imposizione fiscale su gli immobili, non gravare di imposte gli immobili non affittati o non adibiti ad una attività produttiva perché l'imposizione in questi casi diventa una patrimoniale che annulla con il tempo il valore economico del bene. Inoltre occorrerebbe disporre l'esenzione dalle imposte per gli immobili compravenduti per un periodo anche limitato dalla data della cessione. Lo Stato di fronte alla diminuzione di queste imposte vedrebbe aumentare le entrate per le imposte sui trasferimenti come la imposta di registro e catastale.

Pesaro li 5 Dicembre 2014


P.E.Comandini

venerdì 5 dicembre 2014

RICCARDO MUTI E L'EDUCAZIONE MUSICALE



Cinque anni fa sulle pagine del Resto del Carlino una mamma si lamentava per la spesa obbligatoria che aveva dovuto affrontare per l'acquisto di una pianola richiesta dalla insegnante di musica di sua figlia. Non riteneva giusto che per insegnare la musica si dovesse necessariamente comprare un simile e costoso strumento. Non si può che dare ragione a questa mamma. Ai tempi in cui andavano a scuola i miei figli era richiesto un economico piffero di legno con il quale, per un periodo fortunatamente breve, vennero in casa imparate le sette note musicali. Sui pifferi di legno, in occasione della sua visita a Pesaro, fece un garbata ironia il Maestro Muti quando, tra le tante cose interessanti da lui dette, a proposito della educazione musicale nelle scuole, disse che in tanti paesi da lui visitati la musica la insegnano ai bambini con il canto. Riteneva, questo, il mezzo migliore per insegnare la musica. Raccontò di essere rimasto commosso vedendo, mi pare in una scuola israeliana (ma questo non lo ricordo bene), cantare insieme, bambini di diverse razze e culture. Imparare la musica con il canto non costa nulla, ma è, anche socialmente parlando, estremamente educativo. O forse insegnare ai bambini Bianco Natale potrebbe non essere politicamente corretto: i soliti, potrebbero dire che questo offenderebbe la sensibilità di bambini di altre religioni! Peraltro nulla impedirebbe di insegnare e cantare anche canzoni di altri paesi e culture.

Pesaro li 5 dicembre 2014.


P. Emilio Comandini 

Cinque anni fa sulle pagine del Resto del Carlino una mamma si lamentava per la spesa obbligatoria che aveva dovuto affrontare per l'acquisto di una pianola richiesta dalla insegnante di musica di sua figlia. Non riteneva giusto che per insegnare la musica si dovesse necessariamente comprare un simile e costoso strumento. Non si può che dare ragione a questa mamma. Ai tempi in cui andavano a scuola i miei figli era richiesto un economico piffero di legno con il quale, per un periodo fortunatamente breve, vennero in casa imparate le sette note musicali. Sui pifferi di legno, in occasione della sua visita a Pesaro, fece un garbata ironia il Maestro Muti quando, tra le tante cose interessanti da lui dette, a proposito della educazione musicale nelle scuole, disse che in tanti paesi da lui visitati la musica la insegnano ai bambini con il canto. Riteneva, questo, il mezzo migliore per insegnare la musica. Raccontò di essere rimasto commosso vedendo, mi pare in una scuola israeliana (ma questo non lo ricordo bene), cantare insieme, bambini di diverse razze e culture. Imparare la musica con il canto non costa nulla, ma è, anche socialmente parlando, estremamente educativo. O forse insegnare ai bambini Bianco Natale potrebbe non essere politicamente corretto: i soliti, potrebbero dire che questo offenderebbe la sensibilità di bambini di altre religioni! Peraltro nulla impedirebbe di insegnare e cantare anche canzoni di altri paesi e culture. Pesaro li 5 dicembre 2014. P. Emilio Comandini

Cinque anni fa sulle pagine del Resto del Carlino una mamma si lamentava per la spesa obbligatoria che aveva dovuto affrontare per l'acquisto di una pianola richiesta dalla insegnante di musica di sua figlia. Non riteneva giusto che per insegnare la musica si dovesse necessariamente comprare un simile e costoso strumento. Non si può che dare ragione a questa mamma. Ai tempi in cui andavano a scuola i miei figli era richiesto un economico piffero di legno con il quale, per un periodo fortunatamente breve, vennero in casa imparate le sette note musicali. Sui pifferi di legno, in occasione della sua visita a Pesaro, fece un garbata ironia il Maestro Muti quando, tra le tante cose interessanti da lui dette, a proposito della educazione musicale nelle scuole, disse che in tanti paesi da lui visitati la musica la insegnano ai bambini con il canto. Riteneva, questo, il mezzo migliore per insegnare la musica. Raccontò di essere rimasto commosso vedendo, mi pare in una scuola israeliana (ma questo non lo ricordo bene), cantare insieme, bambini di diverse razze e culture. Imparare la musica con il canto non costa nulla, ma è, anche socialmente parlando, estremamente educativo. O forse insegnare ai bambini Bianco Natale potrebbe non essere politicamente corretto: i soliti, potrebbero dire che questo offenderebbe la sensibilità di bambini di altre religioni! Peraltro nulla impedirebbe di insegnare e cantare anche canzoni di altri paesi e culture.

Pesaro li 5 dicembre 2014.



P. Emilio Comandini

giovedì 4 dicembre 2014

Detti pesaresi di Carlo Giardini III



25 – “Patacuc el gioga a bocia ferma”.
Non cantar mai vittoria finchè la cosa non è conclusa.

26 – “L’ha tut i vizi cum e Gagen”
L’ha tutti i vizi com è la volpe.

27 – “L’ha ian d’Asiari”
Un centenario.

28 – “Bambin de ges”
Si dice di un bambino molto carino si paragonano ad una statuetta del Bambin Gesù nel Presepio.

29 – “T’si quaon o t’fa la mor?”
Sei proprio sciocco o sei rincitrullito perché sei innamorato?

30 – “Se chi birb in inquaonasa i quaon cum i faria?”
Se i furbi non si potessero gabbare i meno furbi come farebbero?

31 – « La bol sa du batech! 
Si dice quando la situazione è grave.

32 – “Bugiard cum un cheva dent!”
Nelle fiere e nei mercati i cavadenti promettevano l’estrazione indolore. Invece!

33 – “Facia franca metà d’la spesa”.
Non bisogna essere timidi.

34 – “Le jè cume le puten S’negaia: al giorne le fa cagnera a la not le fa ciataja”.

35 – “Vat fe b’nedì sa un scurcel ruded”.
Vai a farti benedire con una accetta ben affilata.

36 – “La fadiga e el pen bron la jè fata par i minchion”.
Lavori faticosi e pane scuro sono per i fessi!
Il pane scuro che conteneva molta crusca, costava meno ed era meno buono.

37L’è cum a de le m’laranc mal baghen.
E’ inutile dare qualcosa di prelibato a chi non sa apprezzare.

38 – “Ta da fe la fen d’la gagia d’Barul”.
Era una simpatica gazza addomesticata che gironzolava sempre nella cucina dell’osteria di Barul (personaggio citato anche in una poesia di Pasqualon): a forza di ficcare il naso dappertutto è caduta in un caldaio d’acqua bollente.

39 “Ta da fe la fen del bach d’Lucheta”.
Bach (giovane ovino) che si allontanava dal gregge per andare a curiosare qua e là; entrato nel recinto della scrofa, questa gli ha mangiato la testa.

40 – “Luca de La aluca “.
Prendere in giro, canzonare.
40 – “E’ not enc’è un pugn d’erba”.

Proverbio contadino che si riferisce a una giornata durante la quale non si è concluso nulla.